NON “DIETA” MA “REGIME ALIMENTARE” – PARTE 1
- Healthy food
- 08/05/2020
- 13 minutes read
LA "DIETA" È LA RISPOSTA DI MOLTI ALLE NECESSITÀ DI PERDITA DI PESO. MA È DAVVERO LA RISPOSTA CORRETTA? MEGLIO UNA DIETA O UN REGIME ALIMENTARE?
Copertina: photo by Ella Olsson from Pexels
La dieta: se avete letto qualche articolo sapete quanto poco apprezzi questo termine. Ma oggi è proprio di dieta che voglio parlare, perché è su questo “orrendo” termine che si concentra la maggior parte dei problemi alimentari che affliggono molte persone, che si fanno una semplice domanda: meglio iniziare una dieta o un regime alimentare?
Intanto iniziamo dalla definizione, gentilmente offerta da Wikipedia: dieta, dal latino diaeta, a sua volta dal greco δίαιτα, dìaita, «stile di vita».
Ottimo, siamo già arrivati al punto: la maggior parte delle persone con cui parlo di alimentazione, letteralmente odia la sua dieta, il suo stile di vita. I motivi possono essere diversi, ma il principale è sempre che la dieta è spesso vista come un regime di privazione, e spesso è imposta dall’esterno da una figura competente, ma senza creare una reale condivisione e consapevolezza in chi la segue. Qualsiasi dieta, senza consapevolezza, è destinata a fallire.
Ci si rende subito conto di questo parlando per esempio a pranzo con i colleghi, che si portano il pasto pesato (e va bene, lo faccio anche io) e lo guardano melanconici dicendo che “il medico oggi mi ha dato solo 80 g di riso”. Ma non ne capiscono il motivo, così come non capiscono perché il medico gli abbia detto di mangiare solo una o due mele al giorno. Se non capisci il valore dei macronutrienti in una dieta e l’importanza delle calorie, è impossibile riuscire a seguirla.
NON SI PUÒ SEGUIRE UNA DIETA PER SEMPRE, MA SI PUÒ SEGUIRE UN PIANO ALIMENTARE
Quale’è la differenza tra dieta e piano alimentare? Quando una dieta diventa uno stile di vita, invece che una costrizione? Quando ci si rende conto del perché si sta seguendo una dieta, quando si acquista consapevolezza su cosa si sta facendo. In questo caso, scegliere se sia meglio una dieta o un regime alimentare è automatica: diventano praticamente la stessa cosa.
La maggior parte delle persone con cui parlo
letteralmente odia la sua dieta, il suo stile di vita
Quindi, purtroppo, senza studiare un minimo è impossibile riuscire a crearsi un piano alimentare che funzioni e, soprattutto, che sia sostenibile nel lungo periodo. Perché studiare aiuta a capire l’importanza delle calorie, dei macronutrienti, dei pasti, e soprattutto aiuta a gestire gli sgarri.
E gli sgarri sono importantissimi: un conto è la fase di attacco di una dieta, quando magari sono decisamente sovrappeso e devo scendere ad un livello accettabile nell’arco di sei mesi (diffidate da chiunque vi dica che potete farlo in poco tempo), un altro è il mantenimento del mio stile di vita. Detto semplice: se non mi piace niente di quello che mangio nella mia dieta, presto o tardi smetterò, e le conseguenze saranno disastrose.
Il metabolismo umano è una macchina perfetta, complicatissima: ci sono voluti migliaia di anni per perfezionarlo, e noi abbiamo solo pochi anni di vita per cercare di ingannarlo. Se lo facciamo semplicemente seguendo una dieta, ma senza sapere cosa stiamo facendo, rischiamo solo di fare danni.
MA PERCHÈ LE DIETE FALLISCONO SENZA CONSAPEVOLEZZA?
Prendiamo un esempio semplice: la dieta chetogenica. Si basa sul concetto di limitare al massimo i carboidrati, la maggior parte delle linee guida dicono massimo 50 g al giorno: a parte l’incongruenza di porre un valore assoluto indipendentemente dal peso di chi segue la dieta, se leggete qualche etichetta vi accorgerete di quanto sia una dieta difficile da seguire.
Rende difficile qualsiasi attività sociale, dall’uscire a cena al fare una festa con gli amici, rende più suscettibili all’alcol per il sovraccarico del fegato, e chiaramente rischia di essere anche abbastanza costosa. Ma il problema maggiore è che non conoscendo il meccanismo reale alla base della dieta, prima o poi le cose andranno male.
Se non seguiamo bene le regole, rischieremo di tenere le patate come contorno, “tanto cosa vuoi che sia”, e come risultato non entreremo mai in chetosi ed inizieremo ad ingrassare. Oppure saremo perfetti nel seguire le regole, e inizialmente il cambiamento fisico ci porterà a perdere peso velocemente, ma poi il corpo si adatta, purtroppo altrettanto velocemente. Raggiungeremo la fase di stallo, non sapremo niente di deficit calorico e corpi chetonici, e da li inizia la discesa: si inizia con gli esperimenti, cambiando le regole della dieta, e nella migliore delle ipotesi finiremo per mollare tutto, quando non ci creeremo veri e propri danni.
Questo purtroppo vale per qualsiasi dieta seguita alla cieca: la cosiddetta dieta di South Beach è una specie di chetogenica “light”, che introduce il concetto di indice glicemico. Mi ricordo che quando la seguivo, ero arrivato ad usare il fruttosio al posto dello zucchero perché aveva un’indice glicemico più basso.
Copertina: photo by mali maeder from Pexels
Senza entrare nel dettaglio, l'indice glicemico di un alimento quantifica la capacità dei carboidrati di alzare la glicemia. Il calcolo scientifico viene fatto ingerendo 50 g di quell'alimento e misurando i valori di glicemia nelle due ore successive. Il base scala è lo zucchero, che ha un indice glicemico di 100, ma ci sono alimenti che hanno anche indici glicemici più alti.
Poi però è arrivato lo stallo, e cercando di capire come mai ho scoperto il concetto di carico glicemico, che però senza guida ho applicato malamente, con risultati pessimi, ed ovviamente ho finito per abbandonare.
Si potrebbe quindi obiettare che le diete che falliscono sono quelle dei libri, quelle che seguiamo da noi. Ma purtroppo, senza consapevolezza, anche la dieta di un dietologo è destinata a fallire. Se non chiediamo all’esperto perché ci fa seguire un determinato piano, sicuramente prima o poi finiremo per uscire dalle linee guida, e senza accorgercene faremo più danni di quelli che pensiamo.
IN QUESTO MODO APRIAMO LE PORTE AL TEMUTO EFFETTO ELASTICO
Il problema principale in tutti questi tentativi è il cosiddetto effetto elastico, che ci porta inevitabilmente ad essere più grassi di quello che eravamo in partenza. È un meccanismo perfettamente normale dovuto alla naturale capacità di adattamento del corpo.
Qualsiasi dieta, senza consapevolezza, è destinata a fallire
In sostanza qualsiasi dieta prevede una diminuzione della quantità di calorie: alcuni indirettamente, come la chetogenica che punta sul maggior senso di sazietà, altre diretta come quelle che di solito vengono prescritte dai dietologi.
Senza adeguati meccanismi di compensazione, come l’esercizio o le ricariche, il nostro corpo arriverà ad avere un metamolismo basale più basso. Inevitabilmente, quando ricominceremo a mangiare senza seguire una dieta, non avendo in realtà imparato niente di quello che realmente ci serve, inizieremo ad ingrassare oltre il livello iniziale.
QUINDI, COME MI ORGANIZZO UN PIANO ALIMENTARE?
Innanzitutto, dobbiamo capire l’importanza delle calorie e dei macronutrienti. Io di base, dopo averle provate tutte, scarto qualsiasi regime alimentare che stravolge la naturale percentuale di proteine, carboidrati e grassi.
Con il funzionamento dei diversi macronutrienti un pò più chiara, possiamo quindi creare un piano alimentare basandoci su quello che ci piace mangiare, e questo è forse l’aspetto chiave e più importante di qualsiasi regime alimentare vincente.
Perché indipendentemente dai nostri obiettivi, rimaniamo esseri umani e non robot, non possiamo sostenere a lungo un’alimentazione basata su cibi che non ci piacciono. Conosco delle persone, che in realtà non so se definire fortunate o meno, che hanno poco o nullo interesse per il cibo e per l’alcol. Loro non hanno difficoltà a crearsi un piano alimentare basato su regole severe. Sono però dei casi molto particolari, e se foste tra questi molto probabilmente non stareste leggendo questo articolo.
Per noi “comuni mortali”, l’importanza è capire i nostri obiettivi, che siano perdere peso o incrementare la massa magra senza ingrassare eccessivamente, e poi stabilire quali cibi vogliamo mangiare e quando. L’obiettivo principale è non privarsi di nessun cibo, ma scegliere meglio i tempi e le quantità, e soprattutto la frequenza.
Attenzione, non sto dicendo che potremo mangiare quello che vogliamo quando vogliamo: nel nome stesso di “piano alimentare” o “regime alimentare” si nasconde una qualsiasi forma di controllo e pianificazione di quello che possiamo mangiare. Quindi se state cercando un piano alimentare miracoloso che vi permetta di mangiare quello che volete quando volete, non lo troverete qui, semplicemente perché non esiste. Ma se impariamo a capire e soddisfare le nostre necessità, sarà tutto molto più semplice.
Capendo l’importanza dei macronutrienti, possiamo creare un piano alimentare
basandoci su quello che ci piace mangiare
Un esempio classico è la pasta in fase di regime ipocalorico: spesso è trattata con disprezzo, soprattutto se il condimento è particolarmente pesante. Ovvio che non potrò avere un piano alimentare che presenti carbonara tre volte a settimana in regime ipocalorico (ma forse neanche in quello ipercalorico), ma una volta a settimana si può far rientrare tranquillamente considerando la grande quantità di grassi di questo piatto e cambiando l’apporto di grassi di quella giornata, o di quella successiva. Ricordate sempre che il meccanismo di stoccaggio dei grassi in depositi adiposi non è immediato, non c’è niente che facciamo in un giorno che non possiamo sistemare nel giorno successivo o in quello dopo. È più importante guardare all’intera settimana piuttosto che al singolo giorno.
MA È DAVVERO POSSIBILE MANGIARE SEMPRE COSE CHE CI PIACCIONO?
Per la risposta a questa domanda, meglio leggere la seconda parte di questo articolo.
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